Identità e storia delle Pietre Vive
“Se un pagano viene e ti dice: ‘mostrami la tua fede!’, tu portalo in chiesa e mostragli la decorazione di cui è ornata e spiegagli la serie dei sacri quadri.”
(San Giovanni Damasceno)
In Europa e in una buona parte del mondo occidentale la religiosità vive uno strano paradosso: più la società è detta “secolarizzata” e più cresce l’interesse per i grandi monumenti religiosi che la storia ha disseminato nella nostra geografia.
Le visite ai grandi monasteri, alle cattedrali, alle chiese della grande Tradizione cristiana non cessano di aumentare, e il turismo religioso è uno dei pochi settori che non soffre della crisi.
Meno si va “in chiesa”, più si va “nelle chiese”.
Questo paradosso è profondo e non è solo religioso.
Proprio perché la società è “liquida”, senza forma, essa “fluisce” verso la solidità di quelle pietre del passato capaci di darle una forma.
Nel “contenitore” che è l’edificio sacro, l’uomo contemporaneo cerca a tentoni i propri confini, la propria identità.
È come un bambino al buio in una stanza:
Guarda ma non vede.
Vuole toccare, fare esperienza.
Allora se qualcuno gli rivolge la Parola, essa agisce improvvisamente come una luce.
Gli affreschi iniziano a essere visibili anche al cuore.
I mosaici rivelano la bellezza della vita.
La stessa forma dell’edificio fa toccare con mano il “perimetro” dell’uomo, il suo limite, la sua identità.
La Parola annunciata da un testimone a chi entra in un monumento fa sì che il monumento diventi proprio “monumentum”, luogo di memoria.
La memoria è la spina dorsale dell’identità e della comunione perché è la strada dove l’uomo impara a guardare se stesso come un altro e così guardare l’altro come se stesso.
Le pietre dei monumenti sacri del cristianesimo ne sono la mediazione “fisica”.
Uniti alla Parola esse hanno un ruolo quasi “sacramentale”.
Il visitatore vede nella carne ciò che le pietre dell’edificio vogliono dire.
E il “luogo d’arte” si trasforma in luogo di accoglienza, di ascolto, di mistagogia.
In luogo di Incontro.
Parte integrante del “metodo” delle Pietre Vive è l’allestimento all’interno dell’edificio sacro di un “angolo preghiera” dove si canta, si legge qualche brano biblico, si fa silenzio.
Dopo ogni visita guidata dalle pietre vive i turisti che lo desiderano vi si possono fermare.
Spesso scrivono una preghiera o una riflessione in un quaderno lasciato aperto che sarà letto dalla comunità delle pietre vive nella preghiera serale.
Ma l’“angolo preghiera” è prima di tutto per la pietra viva stessa.
Dopo ogni visita guidata essa si ferma davanti al suo Signore e gli “restituisce” quelle persone che Egli le aveva “affidato” per lo spazio di una visita.
È la “preghiera sacerdotale” di ogni pietra viva.
L’apostolato delle pietre vive è concepito come un vero “esercizio spirituale”.
Esso nasce dalla preghiera e porta alla preghiera. Prima della visita, nel suo raccoglimento, il volontario chiede una grazia:
“Signore, che cosa vuoi che io dica loro da parte tua?”.
E così, con la “grammatica” che ha imparato durante la formazione storico-artistica, la pietra viva sceglie quei punti dove sente che l’ascoltatore potrà essere aiutato di più a incontrare Dio.
Dopo la visita invece, il volontario si raccoglie di nuovo e chiede un’altra grazia: “Signore, cosa hai detto a me attraverso di loro?”.
Ogni incontro diventa così un Incontro.
All’accoglienza (spesso all’ingresso della chiesa) guardando al turista, credente o meno, entrato spesso per caso, la pietra viva prega: “Benedetto colui che viene nel Nome del Signore”.
Ogni comunità di Pietre Vive è autonoma ma si riconosce in uno stile molto preciso: priorità della preghiera, vita comunitaria intensa, accompagnamento mistagogico del turista, sobrietà di vita, attenzione al povero e ai bambini, radicale gratuità del servizio.
Quest’ultimo tratto è essenziale allo stile di “pietre vive” e si ispira alla gratuità dei ministeri voluta da Sant’Ignazio.
Nel fondo, l’annuncio di fede è l’annuncio della gratuità di Dio e non può farsi che gratuitamente.
L’annuncio di fede crea nel cuore del turista uno “squilibrio” che egli cerca di colmare… pagando.
Se la guida accetta dei soldi, il turista è soddisfatto perché confermato nella sua certezza che la gratuità “non esiste”.
Se invece la pietra viva non accetta, allora rimane il sano squilibrio che porterà il turista a iniziare un cammino interiore. In quel momento iniziano spesso le domande più personali: perché fate questo? Chi siete?
Ogni comunità Pietre Vive stabilisce il proprio ritmo di servizio (settimanale, mensile… con spesso in più un campo internazionale annuale di diversi giorni offerto a tutte le altre pietre vive).
E ogni comunità sviluppa degli accenti diversi che arricchiscono l’insieme della “comunione internazionale” Pietre Vive.
Non è un caso che le Pietre Vive siano nate all’interno di una tradizione spirituale che parla di “composizione guardando il luogo”, “contemplazione”, “pensare come Dio mi guarda”, “applicazione dei sensi”, ecc… La spiritualità ignaziana ha da sempre favorito l’uso delle immagini al servizio della fede.
E il “cercare e trovare Dio in tutte le cose” ha aiutato la tradizione ignaziana a cercare e trovare in ogni opera d’arte una relazione con Dio.
Pietre Vive si situa in quel triangolo fra fede, cultura e testimonianza che non si ferma ai concetti ma diventa esperienza fisica, cioè Chiesa.
Sito ufficiale di Pietre vive clicca qui